Lutto nazionale e 25 Aprile: una riflessione amara sulla sobrietà a senso unico di Riccardo Tugnoli

Pubblicato il 25 aprile 2025 alle ore 12:46

Quest’anno, il 25 Aprile ha assunto un significato ancora più complesso. Alla commemorazione della Liberazione si è sovrapposto il lutto nazionale per la morte di Papa Francesco, proclamato dal Governo per ben cinque giorni, dal 22 al 26 aprile. Con il massimo rispetto per la figura del Santo Padre, la cui umanità e apertura hanno segnato un’epoca, non riesco a tacere un disagio profondo che sento dentro: quello di un uso distorto, selettivo e, diciamolo, politicamente orientato del concetto di “sobrietà istituzionale”.

In Italia, il lutto nazionale è un provvedimento simbolico, certo. Non impone la chiusura di scuole o attività commerciali, ma invita alla riflessione, al rispetto, alla sospensione degli impegni ufficiali. Eppure, proprio in nome di questa “sobrietà”, ho visto sindaci — anche quelli che si professano democratici — ridimensionare o addirittura cancellare momenti importanti delle commemorazioni del 25 Aprile: cortei tagliati, eventi annullati, toni smorzati. Tutto per “non disturbare”. Ma disturbare chi, esattamente?

La Festa della Liberazione non è un evento folkloristico né una sfilata nostalgica: è un atto civile, un dovere morale, una memoria viva. È la giornata in cui ricordiamo il sangue versato per la libertà, i partigiani fucilati, le donne torturate, i bambini deportati. È il giorno in cui celebriamo una Repubblica nata dalla Resistenza, non da una messa in scena. E tutto questo sarebbe “poco sobrio”?

Mi domando: davvero manifestare per la democrazia e la pace, portare una corona a un monumento, ascoltare un concerto di canzoni popolari o partecipare a una lettura pubblica offende la memoria di Papa Francesco? Non credo. E sono pronto a scommettere che nemmeno lui avrebbe voluto essere strumentalizzato per fare campagna elettorale per la maggioranza, a scapito della minoranza.

Eppure, mentre alcune commemorazioni civili sono state silenziate in nome del “lutto nazionale”, ho appreso per conoscenza diretta che eventi di tutt’altro tenore — concerti commerciali, inaugurazioni, feste private — si sono svolti regolarmente. Alla faccia della sobrietà. Due pesi, due misure. La solita Italia, dove ciò che è popolare e critico viene punito, e ciò che è profitto e intrattenimento viene tollerato, se non benedetto.

Mi addolora soprattutto l’atteggiamento di certi sindaci, che invece di difendere con orgoglio il significato profondo del 25 Aprile, si sono fatti dettare la linea da un Governo che spesso ha mostrato fastidio per questa ricorrenza. Il risultato? Una festa amputata, e un messaggio che rischia di svuotarsi: che la memoria della Resistenza possa essere messa tra parentesi se “disturba”.

Concludo con amarezza, ma anche con determinazione. La memoria di Papa Francesco merita rispetto, come lo merita la nostra Storia. E nessuna delle due è servita da questa contrapposizione artificiosa. Se davvero vogliamo onorare entrambi, facciamolo con verità, con decoro, e con la libertà di esprimere — sempre — ciò in cui crediamo.

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