Non è lavoro, è sfruttamento. E va fermato.

Pubblicato il 13 aprile 2025 alle ore 19:55

C'è qualcosa che non torna. Vai al supermercato e trovi frutta e verdura a poco prezzo, ma poi leggi che c'è gente che lavora nei campi per 20 euro al giorno, sotto il sole cocente, senza tutele, senza orari, senza diritti. Allora ti chiedi: ma com'è possibile?

La verità è semplice e schifosa: c'è ancora chi viene trattato come uno schiavo. Il caporalato è questo. È gente che "recluta" lavoratori, spesso stranieri, li fa lavorare tutto il giorno, li paga una miseria, li tiene sotto controllo come se fossero oggetti. E tutto questo succede in Italia, oggi, non in qualche angolo sperduto del mondo.

Non è giusto. Non è normale. Non possiamo girarci dall’altra parte.

Chi lavora nei campi, nei cantieri, nei magazzini, merita rispetto. Merita un contratto vero, una paga giusta, un alloggio decente. Non baracche, non ricatti, non silenzio. E invece troppo spesso lo Stato fa finta di non vedere, le aziende chiudono un occhio, e chi sfrutta continua a farlo tranquillamente.

Queste cose non succedono per caso. Succedono perché conviene a qualcuno. Perché il profitto, per alcuni, vale più della dignità umana.

E allora basta scuse. Servono controlli seri, punizioni vere per chi sfrutta, aiuti per chi denuncia. Serve che chi lavora non debba più avere paura di parlare, che non debba scegliere tra mangiare o ribellarsi. Serve umanità, serve giustizia.

Perché il lavoro, quello vero, non è fatica e basta. È dignità. È futuro. E se togli la dignità a chi lavora, stai togliendo qualcosa a tutti noi.

Non serve essere esperti, politici o attivisti per capirlo. Basta avere un po’ di cuore e un minimo di senso di giustizia.

Il caporalato non è “un problema”. È un’ingiustizia. E finché ci sarà, nessuno potrà dire che viviamo davvero in un Paese civile.

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